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7 APRILE 2006 - PESCA, NON ESALTANTE IL BILANCIO DEGLI ULTIMI 5 ANNI
Il bilancio dell’economia ittica, sotto il governo Berlusconi, si è concluso in rosso e in una clima di tensioni e contraddizioni. A determinare questo stato di incertezza sono intervenuti mille fattori, non ultimo l’aumento smisurato del gasolio e il conseguente raddoppio dei costi di produzione, che sono arrivati al 40%. Non si può affermare che il governo Berlusconi sia stato l’artefice della vasta e profonda crisi, certo è che ne è stato un efficace catalizzatore, non essendo stato in grado di mettere in moto interventi idonei al rilancio del settore, in un contesto che peggiorava giorno dopo giorno.

C’è stata soddisfazione generale per la nomina di un Sottosegretario con delega alla pesca. Ma nell’esercizio delle sue funzioni si è riscontrata una decisa e impropria ingerenza della politica nei compiti dell’Amministrazione, che ha soffocato, sul nascere, ogni speranza di sviluppo e ha creato quel fenomeno che i tecnici chiamano red tape. Nel corso della legislatura non sono stati convocati né il Tavolo agroalimentare, che è stato più volte sollecitato per la gestione delle crisi più urgenti (Piano Mediterraneo, Fondo Europeo per la Pesca e carogasolio), né la Conferenza nazionale sulla pesca, interrompendo una sana tradizione, mentre la Conferenza euromediterranea del novembre 2004 si è dimostrata inefficace sia sul Pam, sia sul Fep. Con i decreti legislativi di modernizzazione si è mirato a scardinare la funzione di rappresentanza delle Associazioni e a indebolire la struttura di programmazione pluriennale. Proposte di legge valutate molto positivamente dal settore, come il disegno di legge sull’acquacoltura biologica, quello sulle acque interne e la proposta bipartisan su emergenza e semplificazioni, sono miseramente decadute.
La legge quadro sull’equiparazione dell’ittiturismo all’agriturismo in termini di agevolazioni fiscali è un buon risultato, perché imprime una accelerazione alle attività di diversificazione. Le risorse finanziarie impiegate per la pesca sono state scarse e senza qualità: le leggi finanziarie hanno costantemente e puntualmente registrato interventi con l’accetta per diversi milioni di euro; l’istituzione del Fondo unico per agricoltura e pesca senza una precisa ripartizione per settori ha creato disguidi tali da comportare per il 2003-2004 la mancata allocazione di risorse finanziarie per l’economia ittica per oltre 15 mln di euro l’anno; il de minimis è stato bruciato per distribuirlo a tutti i pescatori (circa 300 euro a pescatore) con la pretesa di risolvere la crisi dell’aumento del gasolio; le istanze per il credito per i pescherecci presentate nel 1999 sono state finanziate nel 2004, con un ritardo che in molti casi ha vanificato l’intervento; il prestito d’onore non è stato rifinanziato; le convenzioni fra Pubbliche amministrazioni e Associazioni, relative alla promozione della pesca responsabile verso ambiente e consumatori, non sono state attuate.
Nessun progetto relativo al settore ittico è stato finanziato nel quadro della programmazione negoziata: è tutto fermo al Tesoro. La legge 30/98 sui benefici fiscali e previdenziali è stata prorogata anno dopo anno, così non ha dato le certezze ai pescatori che una proroga triennale avrebbe consentito, né nel frattempo sono state ipotizzate misure alternative; l’Iva agricola per la pesca è stata approvata a Camere sciolte e manca ancora l’ok da Bruxelles; la Tremonti bis è venuta incontro solo alle esigenze delle grandi aziende, che rappresentano l’1,5 % della flotta, senza alcun beneficio per le piccole imprese. Ottimi i risultati del reddito agrario esteso a tutto il comparto dell’acquacoltura con l’approvazione della legge di conversione del DL 106/2005, positive anche l’istituzione del fondo per l’assistenza agli eredi dei pescatori deceduti in mare e l’equiparazione del naufragio al fermo definitivo. Deficit di attenzione sulla programmazione:
- il Fondo di solidarietà per eventi calamitosi ed eccezionali viene erogato dopo molti anni, sono ora in liquidazione, senza copertura finanziaria, le pratiche del 1999 per la Calabria, del 2001 per Grado, del 2002 per Chioggia;
- l’applicazione delle norme sulla sicurezza a bordo è stata rimandata attraverso tre proroghe annuali, peraltro arrivate con mesi di ritardo;
- il fermo pesca anno dopo anno è stato deciso all’ultimo momento e senza programmazione pluriennale, anche gli indennizzi sono stati regolarmente pagati in ritardo;
- per la pesca del tonno non state riviste le quote di cattura nelle sedi internazionali. La produzione attualmente è limitata a un terzo di quanto sarebbe possibile pescare e la quota attuale potrebbe perfino essere ridotta; 
-  per le zone di tutela biologica si riscontrano ritardi e una gestione approssimativa dell’individuazione della perimetrazione;
- i contributi per i Consorzi di piccola pesca previsti dalla legge 164/1998 sono stati attivati solo nell’agosto 2004;
- in tema di acquacoltura gli obblighi di sicurezza sono stati erroneamente estesi anche a chi lavora negli impianti di allevamento e pesca realizzati in lagune, foci di fiume e rade;
- per le ferrettare non si è trovata alcuna soluzione;
- la ricerca è abbandonata a se stessa, senza risorse, né organizzazione.

Serena Wiedenstritt
Ufficio Stampa e Comunicazione
Lega Pesca News


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